29 settembre 1944: strage di Marzabotto

marzabottoNoi non dimentichiamo…..
C’era la nebbia la mattina del 29 settembre 1944 quando le Ss della 16 esima divisione al comando del Maggiore Walter Reder cinsero d’assedio a Monte Sole. Salendo, come la nebbia, dal fondovalle del Setta e da quello del Reno, i soldati tedeschi, accompagnati da alcune spie italiane, colsero alla sprovvista i partigiani, uccisero il comandante della Brigata Partigiana Stella Rossa, Mario Musolesi, il “Lupo”, e iniziarono quella che Salvatore Quasimodo definì il “più vile sterminio di popolo“.
Oltre una settimana di stupri, fucilazioni sommarie, torture il cui macabro conteggio veniva annotato dalle squadre naziste ogni sera al rientro alle basi: 770 “partisanen” uccisi, scrissero i nazisti; 315 donne, 189 bambini sotto i 12 anni, 30 adolescenti, 76 vecchi e 161 uomini, dirà la storia. Le stragi avvennero in 115 luoghi tra chiese, borgate, paesi e ridisegnarono, per sempre, anche il territorio compreso tra il corso del Setta e quello del Reno.
Quella di Monte Sole non fu, come accadde ad esempio alle Fosse Ardeatine di Roma, una strage per rappresaglia. L’operazione condotta dalle forze di occupazione, la 16 divisione delle Ss appoggiata da reparti della Wehrmacht e con il supporto di spie locali e Ss italiane (“Ce n’era qualcuno che parlava in dialetto” ricorderanno alcuni superstiti), era finalizzata a liberare il terreno da ogni possibile resistenza. Sotto la pressione degli Alleati, che dal sud stavano risalendo la Penisola e che il 5 ottobre si attestarono a Monzuno, a pochi chilometri in linea d’aria da Monte Sole, i nazifascisti erano in ritirata verso nord. Fin dall’estate avevano iniziato la costruzione di una linea di difesa fortificata, la Linea Gotica, che tagliava la penisola, dalla Versilia alla bassa ravennate, passando per l’Appennino. L’area di Monte Sole era uno dei capisaldi di questa linea difensiva: troppo pericoloso per tedeschi e fascisti avere nel cuore del proprio sistema difensivo un territorio, come quello posto alla confluenza del Setta nel Reno, in cui era molto forte e radicata la presenza dei partigiani della Brigata Autonoma Stella Rossa.
Per questo, all’alba del 29 settembre, iniziarono il rastrellamento la cui finalità, come hanno stabilito le sentenze dei tribunali militari in primo e secondo grado, era quella di “un’ampia operazione punitiva contro i partigiani e la popolazione civile che a quelli si mostrava solidale“. Quindi, non una rappresaglia per una specifica azione. Per la strage, dopo un primo processo negli anni 50 ai danni del maggiore Walter Reder e dopo la scoperta dell’Armadio della vergogna (un armadio presso la procura militare di Roma nel quale erano stati occultati i fascicoli riguardanti le strage commesse da nazisti e fascisti durante la Seconda Guerra mondiale), si sono tenuti i processi di primo grado a La Spezia e di secondo grado a Roma: sono stati condannati all’ergastolo una decina di graduati tedeschi. Nessuno ha scontato nemmeno un giorno di arresto, a causa dell’età.