Il 14 settembre 1968, la polizia sgombra il Duomo di Parma occupato da una quarantina di cattolici dissidenti che vogliono che il Vangelo sia compreso dai poveri e non finanziato dai ricchi. La contestazione era iniziata quando era stato reso noto che il vescovo della città aveva deciso di costruire una nuova chiesa con i contributi offerti dalla locale Cassa di Risparmio. Nella dichiarazione degli occupanti si leggeva, tra l’altro, “…E’ ora che la gerarchia ecclesiastica abbia il coraggio di fare una scelta discriminante a favore dei poveri contro il sistema capitalistico…”. Era la prima occupazione di una cattedrale attuata da cattolici, mentre, nel 1967, era stata occupata la Cattolica di Milano.
Scesi da Bolzano (Circolo Fratelli Bruder), da Milano (Circolo Bernanos), da Verona (Circolo Mounier), gli studenti cattolici, entrati nella cattedrale durante la messa, chiesero ad alta voce un dibattito con il vescovo, il quale reagì chiedendo l’intervento della polizia per far scacciare i “profanatori del tempio”.
Parma è la goccia che fa traboccare il vaso e causa l’esplosione, a Firenze, della “bomba” Isolotto di Don Mazzi. L’isolotto era un quartiere popolare di Firenze, la cui parrocchia, retta da Don Mazzi, era nota per l’attenzione verso le classi disagiate, per una riflessione sui problemi degli operai e sull’antimilitarismo. Già da alcuni anni, il cardinale Florit aveva disapprovato tali attività. Il 22 settembre, viene distribuito un ciclostilato di solidarietà agli occupanti di Parma, in cui si critica una chiesa che “ammette indiscriminatamente alla mensa eucaristica sfruttati e sfruttatori”. Centocinquanta parrocchiani del prete ribelle di Firenze scrivono lettere di solidarietà ai “profanatori” di Parma. Si chiede che la Chiesa sia a fianco degli oppressi. Il cardinale Florit crede di vedere in questa mossa che viene considerata una “minaccia marxista” l’ombra di Don Mazzi, e per iscritto, il 30 settembre, gli intima di ritrattare pubblicamente o di dimettersi. “O sei disposto a ritrattare pubblicamente un atteggiamento così offensivo verso l’autorità della chiesa, oppure intendi dimetterti dall’ufficio di parroco”.
La questione ora investe oltre che la comunità dell’Isolotto, anche le alte gerarchie della Chiesa, l’Episcopato, il Vaticano e il Papa stesso. Tutti colti di sorpresa. La questione, da questo momento, va sulla stampa e si amplifica.
All’Isolotto, Don Mazzi legge la lettera del cardinale Florit e non sa come replicare.
La soluzione è quella di informare i suoi parrocchiani, affidando a loro la decisione sul da farsi. Una presa di posizione autonoma contro la finora “indiscussa” autorità della chiesa.
Don Mazzi afferma in questa circostanza: “ubbidire alla gerarchia cattolica significa quasi sempre disubbidire alle esigenze più profonde, vere ed evangeliche del popolo; non voglio una Chiesa legata a un potere politico ed economico, ma legata al popolo dei disoccupati, dei rifiutati, degli analfabeti, degli operai.”
Non è più una presa di posizione ma un vero e proprio atto di ribellione.
Si svolge quindi all’Isolotto un’assemblea burrascosa, vi partecipa tutta la comunità, migliaia di persone. Tutti si schierano contro il cardinale e tutti appoggiano Don Mazzi. Per iscritto mandano a dire che la lettera inviata a Parma l’hanno firmata pure loro “non è Don Mazzi a fianco a noi, ma siamo noi a fianco a Don Mazzi, e poi cosa sono questi distinguo noi qui ci sentiamo una cosa sola!”
Ma Florit persiste, pensa già a una rimozione del parroco; mantenendo ancora la calma con l’autorità che ha, scrive ai parrocchiani una lapidaria frase “Far dipendere dalla decisione della comunità un provvedimento episcopale riguardante il parroco non corrisponde all’interpretazione cattolica del concetto di chiesa”. Non ascolta nessuna delegazione di parrocchiani e, il 2 dicembre, tenta di normalizzare la parrocchia ripristinando l’officiatura delle messe nella chiesa dell’Isolotto. A sostegno di questa forzatura, anche squadre di fascisti, che provocano una pacifica reazione popolare. Poi, il 4 dicembre, il provvedimento. Ha rimosso il parroco, ha tentato di sostituirlo con un altro prete, ma è andato incontro a un altro fallimento, la chiesa è rimasta completamente vuota, tutti gli abitanti del quartiere hanno disertato il tempio, hanno organizzato uno sciopero nelle scuole e sono sfilati per le strade del centro di Firenze con grandi cartelli. Ma la cosa più clamorosa è che novantatré preti della diocesi di Firenze solidarizzano con Don Mazzi. Mentre sul sagrato della chiesa dell’Isolotto c’è un presidio di parrocchiani che impedisce ai rappresentanti della curia di riprendere possesso della chiesa.
Il clamore non si placa anche quando il 20 dicembre interviene direttamente il Papa. Paolo VI prega il parroco di ritornare all’obbedienza. Una delegazione si reca in Vaticano, ma ormai non dipende più da Don Mazzi, è tutta la popolazione fiorentina a schierarsi contro l’alta gerarchia, a sfilare a migliaia in silenzio davanti alla curia, a ricevere solidarietà da tutto il mondo, perché la notizia sta ora girando ovunque. Sul sagrato, con migliaia di cittadini si celebrano le funzioni natalizie con Don Mazzi e gli altri due viceparroci “ribelli”. Ci fu un seguito anche nelle aule del tribunale. Don Mazzi e altri furono accusati di “promozione di manifestazioni non autorizzate” e di “vilipendio alla religione di Stato”. Fu una sconfitta del cattolicesimo intransigente, conservatore, incapace perfino di “vedere” e capire un evento così dirompente. La chiusura della chiesa dell’Isolotto, andò, allora, sulle pagine dei giornali e rimarrà nella storia.
Gli eventi si susseguiranno per oltre otto mesi con trattative accese con i parrocchiani; fino all’epilogo del 30 agosto del 1969. Il cardinale Florit, sfidando tutta la comunità, dopo la sospensione a divinis di Don Mazzi e degli altri due viceparroci, dopo aver chiuso la chiesa, volle recarsi di persona a riaprire il tempio e celebrarvi la messa, ma i fedeli compatti risposero con durezza; continuarono la protesta e nessuno entrò nel tempio, mentre Florit celebrava messa con scorta di poliziotti. I cartelli all’Isolotto e nelle sfilate silenziose erano di questo tenore “Cos’è il popolo nella chiesa? Tutto. Cosa conta? Nulla.”
Altre comunità di altre città, seguaci del prete toscano, e tutt’altro che estremisti, ingrossarono le file, si ramificarono, nacquero i Coordinamenti delle comunità di base, nella Cisl, nelle Acli; alcuni cattolici chiesero addirittura l’abolizione dei Patti Lateranensi. Ci furono defezioni, calo di vocazioni. Si formarono nel nord i gruppi “clerico laicisti”, e il nuovo progressismo cattolico, che cominciò a stringere rapporti con altre culture del secolo. Una grande svolta, che nessuno può ancora giudicare a distanza di anni.
Don Mazzi è scomparso il 22 ottobre 2011, lavorando fino all’ultimo. L’ultimo impegno è stato quello di mantenere la memoria delle attività delle comunità cristiane di base.